Tra alti e bassi, la nota serie antologica di Charlie Brooker è arrivata alla sua quarta stagione. Ecco che cosa ha funzionato e che cosa, invece, no.
Ebbene sì: la quarta stagione di Black Mirror è stata, per usare un eufemismo, decisamente sottotono. Pochissimi episodi, sui sei che Netflix ha reso disponibili lo scorso 29 dicembre, sono stati in grado di abbracciare lo spirito della serie britannica. Che il buon Charlie Brooker abbia perso il suo talento?
USS Callister
Il primo episodio di questa quarta stagione è proprio uno di quelli che non riesce ad abbracciare lo spirito originale della serie antologica britannica.
Non che sia un brutto episodio, nulla del genere. Tuttavia, manca l’elemento Black Mirror, quel grande colpo di scena finale che, un attimo prima dei titoli di coda, lascia spiazzato lo spettatore, costringendolo a rivedere tutte le ipotesi fatte durante la visione.
I personaggi agiscono in maniera troppo prevedibile ed il finale, data anche l’assenza del grande colpo di scena, è fin troppo telefonato.
Insomma, USS Callister è stato un episodio dal grande potenziale (non solo per gli evidenti riferimenti a Star Trek) che non è stato sfruttato a dovere, un’occasione persa per iniziare in grande stile questa quarta stagione.
Arkangel
Da un episodio con un buon potenziale sfruttato male, passiamo ad uno invece privo di qualsivoglia potenziale, con personaggi privi di spessore ed un modo di agire ai limiti del ridicolo. Un finale davvero prevedibile e buchi logici qua e là (come è possibile,ad esempio, che una bambina non reagisca quando, da un giorno all’altro, il grosso cane nero che la spaventava diventa un semplice ammasso di pixel?) rendono la visione di Arkangel una vera e propria missione impossibile.
Crocodile
Parlando con altri fan della serie, ho sentito pareri discordanti su questo episodio: c’è chi lo ha amato, riuscendo a cogliere l’elemento Black Mirror mancato, invece, nei precedenti e chi, al contrario, non lo ha affatto apprezzato. Personalmente, mi colloco tra questi ultimi. Anche qui, come negli episodi precedenti, il modo di agire della protagonista è altamente prevedibile ed il finale terribilmente scontato. Senza nessun colpo finale particolare, l’elemento Black Mirror risulta completamente assente.
Un appunto (negativo) va fatto riguardo la tecnologia attorno a cui ruota l’episodio: in un futuro non molto lontano, dove i carretti della pizza si guidano da soli e gli schermi televisivi nelle camere d’albergo ti salutano per nome, come è possibile che un dispositivo in grado di leggere i ricordi delle persone utilizzi un così brutto e piccolo schermo a tubo catodico?
Hang the DJ
Eccoci arrivati, finalmente, al primo vero episodio in cui si riesce a cogliere il tanto atteso elemento Black Mirror, ovvero quel colpo di scena finale che, in un attimo, spiega l’intero episodio. Certo, si tratta di un colpo di scena più prevedibile rispetto a quelli a cui Charlie Brooker ci ha abituati, ma resta comunque ottimo se si considera che Hang the DJ ruota attorno ad un’app per gli incontri e, quindi, lo spazio di manovra era davvero risicato.
Metalhead
Avevamo un mondo (quasi) post apocalittico, avevamo dei robot che si ribellano all’uomo. Avevamo, insomma, tutti i presupposti per un ottimo episodio in grado di risollevare l’intera stagione. Eppure, Metalhead si è rivelato piatto tanto quanto (se non di più) i precedenti episodi (con l’ovvia eccezione di Hang the DJ).
Black Museum
Arrivare al sesto ed ultimo episodio è stata una missione impossibile. Come ho ribadito più volte, infatti, questa è stata la stagione più piatta di tutta la serie. Eppure, dopo la visione di Black Museum, posso assolutamente dire che ne è valsa la pena. A partire da una struttura narrativa che ricorda lo special di Natale, White Christmas, con tre diverse storie, all’interno della storia principale, che finiscono per intrecciarsi e costruire un finale degno di Black Mirror; fino ai riferimenti agli altri episodi (tra i cimeli conservati nel museo sono presenti, ad esempio, il tablet usato in Arkangel e lo scanner di DNA di USS Callister) che si estendono anche alle precedenti stagioni (le storie raccontate, infatti, sono antecedenti ai fatti di San Junipero). Sono questi gli elementi che hanno fatto di Black Museum uno dei migliori episodi prodotti fino ad ora da Charlie Brooker e soci, in grado di fare rivalutare l’intera stagione.
Nel complesso, insomma, questa quarta stagione è stata particolarmente sottotono nonostante sia stata in grado di salvarsi in extremis con Black Museum.
Un calo della qualità, comunque, è fisiologico e normale per qualsiasi serie e, quindi, anche per Black Mirror. Già la nella scorsa stagione, infatti, è stato possibile percepire questo calo (tanto che siamo arrivati a celebrare un episodio che non aveva nulla di speciale, come San Junipero).
Intanto, però, Netflix ha annunciato una quinta stagione dicendo che “le storie da raccontare sono ancora tante”: speriamo bene!