
Il buon @anedo, tre giorni fa, ha pubblicato una lettera aperta attraverso la quale mi ha posto alcune questioni. Sostanzialmente il succo è
”rompi tanto le scatole a destra e a manca con domande a questo e a quello, mo’ ce voi di, tu, come la pensi?”
Ci sta, ci sta tutto. Me tocca, come si usa dire: tocca a me, sono io ad essere messo sotto botta questa volta e mi tocca rispondere. Rispondo, certo, perchè penso che sia buona educazione farlo e perchè penso che
ragionare a voce alta, tutti assieme, non abbia mai fatto male a nessuno, anzi, penso che produca buone cose. E perchè @anedo è persona intellettualmente raffinata, dunque la cosa mi solletica particolarmente.
Rassicuro subito i miei detrattori: mi sono impegnato a non parlare più di #steempostitalia e non ne parlerò. Dunque possiamo andare avanti lisci come l'olio.
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Format
Sostanzialmente @anedo mi dice che, a suo avviso, il miglior modo per sviluppare un progetto editoriale sia quello di strutturarlo attraverso vari formati: libri, articoli, web, video, installazioni, performances, mostre, incontri, eventi,… E mi chiede se sono d’accordo.
Si, sono d’accordo.
In comunicazione (quella che popolarmente viene chiamata "la pubblicità” ), un tempo (ancora oggi, nella stragrande maggioranza dei casi), si operava attraverso due tipi azioni: l’advertising “classico” e il “belove the line”.
Semplificando (semplificando molto), l’advertising classico sono gli spot televisivi, i manifesti e i giornali. Il belove the line sono le azioni in quelli che, tra gli addetti ai lavori, vengono chiamati i punti vendita: i luoghi in cui il cliente (l’interlocutore, il destinatario del messaggio) entra in contatto con il prodotto.
Da almeno 25 anni (ma fatica a prendere piede perchè è una strategia più complessa e articolata ed è difficile trovare professionisti sufficientemente preparati e con esperienza), si parla di
"comunicazione olistica". Azioni “a tutto campo” che utilizzano i molteplici strumenti che @anedo ha tratteggiato nella sua domanda.
E’ la modalità più efficace per raggiungere lo scopo. E’ quella modalità che garantisce di entrare in contatto con il maggior numero e la più ampia tipologica di interlocutori e di declinare il messaggio in maniera più articolata in funzione delle differenti soggettività e sensibilità, potenziandone l’efficacia. E' quella modalità in virtù della quale è più facile e circostanziato misurare il rapporto costi-benefici. Eccetera.
Ma, come ripeto, è un approccio ancora sostanzialmente nuovo e né le agenzie, né i clienti sono ancora sufficientemente preparati per adottarlo.
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Fattibilità economica
Dice @anedo: ”Penso che ogni progetto editoriale debba avere un business model per individuare gli eventuali partner, investitori e sponsor in grado di sostenere economicamente il progetto. Cosa ne pensi?”
Penso che… “mica stamo a pettinà le bambole! Caro qui si!"
Aggiungerei una sola cosa, che magari può essere utile ad integrare il concetto. Nella mia esperienza, valutare lo scenario mi ha consentito di formulare progetti, costi compresi; e nel valutare lo scenario e formulare i progetti ho sempre tenuto conto, da subito, di quale potesse essere l’investitore-partner (quello che @anedo chiama col nome “antico” di "sponsor” ) da coinvolgere. A quel punto il gioco è fatto: se il progetto è buono (raggiunge lo scopo) ed è economicamente sostenibile (il rapporto costi-benefici è positivo) il partner lo hai trovato e il progetto può partire.
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Risorse
@anedo ritiene che ogni progetto debba essere sviluppato e gestito da un gruppo di lavoro selezionato per competenze e interessi e che avere un "gruppone" che segue molteplici progetti diversi tra loro sia deleterio.
Concordo, non ho nulla da aggiungere. Semmai, potremo parlare un giorno di come mettere su un tale gruppo …alle navi…!!
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Steemit
La domanda di @anedo è in qualche modo duplice. Mi chiede esplicitamente se attraverso questa piattaforma sia possibile individuare e strutturare un sistema per compensare un progetto editoriale.
Direi senz’altro di si. Aggiungerei, però, che Steemit da sola non è in grado di sostenere i costi di un progetto editoriale serio, né di garantire un profitto all'impresa proporzionale all’impegno necessario.
Ed ecco dunque la seconda, non espressa espplicitamente, parte della domanda: "E' in grado un progetto editoriale di vivere solo su Steemit?
No, a mio avviso no. A mio avviso Steemit è solo una delle frecce dell’arco. Uno tra gli strumenti da mettere in campo. Ma bisogna attivarne altri.
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Sostegno di gruppi/balene
Mi chiede @anedo: "Secondo te è necessario avere il sostegno (in criptovaluta) di gruppi come SPI o di balene? Secondo quale tipo di partnership?"
Secondo me è utile, molto utile, soprattutto in una fase di
start up. Ma non è
conditio sine qua non. Se c’è meglio, si attivano certi meccanismi. Se non c’è, amen: se ne attivano altri. Quanto al tipo di partnership, dipende da progetto a progetto… Non è che non voglia dirtelo, #anedo, è che dovrei simulare vari scenari e …sarebbe un pippone che non finisce mai!
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Comunità
Dice @anedo: "Io credo che la comunità che un progetto editoriale deve intercettare sia quella dei lettori."
Chiaro, limpido, Recoaro …diceva quella pubblicità…
Lo so, @anedo, potresti chiedermi "Ma allora qual'è il senso della comunità di lingua italiana e di tutti i progetti studiati per sostenerla? Non è una comunità di lettori, non è un target specifico,..." Mi limito a dirti che, a mio avviso, un senso ce l’ha, ma non ti dico altro, perchè ne ho scritto decine di pagine… Un senso. In un ambito specifico con obiettivi specifici. Poi ci sono altre cose da fare, che sono quelle di cui stiamo parlando…
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Professionalità
E siamo arrivati all'ultima domanda. @anedo mi dice: "Io penso che l'approccio professionale, anche degli autori, sia fondamentale." E mi chiede cosa ne penso.
Dico si, assolutamente si, concordo. Un conto è la generica comunità di lingua italiana, in cui vengono sostenuti tutti. Un conto è un progetto editoriale. Nel progetto editoriale si seleziona solo il meglio e con un certo criterio. E l’autore, come in ogni progetto editoriale che si rispetti, dialoga con l’editore nella costruzione del progetto, non scrive quello che gli salta per la testa ...perchè lui è un artista…
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Sulle navi!
"Non credi che sia arrivata l'ora di metterci a lavorare?", mi chiede in chiusura @anedo.
Yes!