Ancora una storia di guerra, una bella storia.
Sto raccogliendo i racconti, le poesie, il vocabolario dei termini dialettali, i disegni, le foto,… di Gerardo, che ci ha lasciati nel luglio scorso, per farne una pubblicazione.
I suoi ricordi, sono la nostra storia. La nostra memoria.
Ricorderò sempre quei soldati inglesi che erano fuggiti dal campo di concentramento, rifugiandosi a Grotta Cola, a Petrella Liri!
Venivano aiutati dalle donne del paese. Una di esse, che aveva la stalla non lontano dalla grotta, aveva un buon motivo per recarsi da quelle parti senza destare sospetto e faceva da tramite con i soldati.
Gli portava il vitto e quanto di volta in volta le chiedevano. Quel minimo che gli necessitava per tirare avanti. E che, con molta cautela, alcune donne preparavano e le affidavano per questo ardito compito.
Tra queste c’era mia madre.
Me li ricordo come fosse ieri, quei ragazzoni, vestiti alla buona, dallo sguardo amico e sorridente.
Credo che i tedeschi si fossero da poco ritirati, perciò c’era più libertà di movimento. Si, credo dovesse essere così, perché ricordo che, a turno, alcune famiglie ospitavano i soldati inglesi a mangiare direttamente in casa.
Mamma li ospitò un paio di volte. Erano cinque o sei, se ben ricordo. Con che cosa si potevano sfamare tante giovani bocche, in momenti come quelli?
Rivedo mamma seduta davanti al fuoco, con una mano al manico del caldaio e con l’altra con il cucchiaione di legno, che girava e girava e sbatteva… pla… pla… pla… quella polenta che sbuffava…
E che altro si poteva offrire, se non della polenta?
Una pietanza povera. O ricca… a seconda di quello che ci si spalmava sopra…
Ma, a quel tempo, non poteva essere certamente ricca. Anche se, va detto, andati via gli invasori famelici, si riportarono alla luce le provviste che erano state nascoste nei luoghi più disparati!
Dalle cantine o dai fienili tornarono fuori salami e salsicce, nascosti nelle cataste di legna o in mezzo al fieno. Si smurarono le porte di stanze che erano state murate per occultare vettovaglie e robe di valore…
A casa nostra, da una catasta di mattarelle, fascetti di frasche con fogliame secco per foraggiare pecore e capre, che avevamo nel fienile, tornarono fuori un paio di prosciutti.
Ricordo ancora il senso di stupore e di gioia che mi invase. E mi rivedo lì, a bocca aperta e con gli occhi sgranati, a guardare mio fratello maggiore che, uscendone fuori, passava ridendo i prosciutti a mio padre…
Quella sera, nella spianatoia sopra una sedia rovesciata, mamma spalmò la polenta e la condì con formaggio e sugo in bianco di ventresca. Ci sistemammo tutti intorno ed iniziammo a mangiare.
Eravamo una decina…
I racconti precedenti:
I miei primi sci
Polenta e panuntella. Due pietanze, due ceti
Il nostro Natale
Primo amore, prima bugia…
Due cari compagni di giochi
Uno scippo d’altri tempi
Serate di vita intorno al camino
In ricordo di due bravi ragazzi
Presepe vivente
Scene di guerra
Le canne di una volta…
Una salsiccia di legno
L’osteria
Amore a prima vista
La storia e le foto sono di Gerardo e sono pubblicati con il consenso della moglie.