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Ma c'è di più. Il fatto stesso che esistesse un'epica testimonia il bisogno atavico, genetico, che l'uomo ha di raccontare (ad ogni latitudine, basti pensare a Le mille e una notte o all'epopea di Gilgamesh). I due poemi che per comodità chiamiamo omerici sono infatti il prodotto di secoli di composizioni orali da parte di poeti detti aedi, che giravano da una corte all'altra per intrattenere il proprio uditorio che si riuniva appositamente ad ascoltare le loro storie. Ed eccola, la parola magica:
STORIE

Avete mai pensato a noi Steemians come a tanti piccoli aedi che si raccontano e si ascoltano? Che cosa ci differenzia rispetto ai frequentatori di altri social? Qualcuno dirà: Lo SteemPower! Un altro: Gli SteemDollars! Vero, indubbiamente. Ma non basta. Ognuno di noi è un piccolo artigiano, che crea pezzi di comunicazione con i propri strumenti, molto meno evoluti di quelli disponibili su Facebook o su Istagram, per non parlare di Twitter. Ognuno di noi racconta una storia aprendo finestre su mondi lontani, spesso agli altri altrimenti inaccessibili. E ognuno di noi si fa catturare, ora più ora meno, dai canti intrecciati che trova esposti su questa piazza, per quanto virtuale. Ci intratteniamo, ci facciamo compagnia, ci educhiamo, ci informiamo, ci costruiamo a vicenda, creando un collante interno che prende il nome di comunità.

E' esattamente questo (ma anche molto di più, in verità) che facevano i cantori antichi. E la loro figura era coperta di un valore quasi sacrale, tanto che ben due sono gli aedi che compaiono nell'Odissea, Femio nel palazzo di Ulisse a Itaca e Demodoco alla corte dei Feaci. Il loro canto commuove, cattura, perché è un canto divino. La prima a piangerne è Penelope, che non sopporta di ascoltare le vicende luttuose degli eori di Troia:
Femio, molti altri canti tu sai, affascinatori degli uomini,
fatti di eroi, di numi, che gli aedi glorificano:
uno di quelli canta a costoro, sedendo, e in silenzio
essi bevano il vino. Ma smetti questo cantare
straziante, che sempre in petto il mio cuore
spezza, perché a me soprattutto venne pazzo dolore,
così cara testa rimpiango, sempre pensando a quell'uomo,
di cui va larga la gloria per l'Ellade e nel cuore d'Argo. (Il., I, 337 ss.)
Più avanti nel racconto è invece lo stesso Ulisse, alla corte di Alcinoo, che fatica a trattenere le lacrime quando ascolta l'aedo cantare della caduta di Troia:
... chiamate il cantore divino,
Demodoco; a lui infatti in sommo grado un dio donò il canto,
a darci diletto, comunque il cuore lo spinge a cantare... (Il., VIII, 43 ss.)
Araldo, prendi, porta questa carne, che mangi,
a Demodoco: io lo saluto, quantunque angosciato;
per tutti gli uomini sulla terra i cantori
son degni d'onore e rispetto, perché la Musa
insegnò loro i canti; ella ama i cantori. (Il., VIII, 477 ss.)
Immaginate queste scene, che si saranno ripetute in tutto il mondo greco, cento, mille, milioni di volte nei secoli di quel passato lontanissimo (i poemi omerici rappresentano il mondo storico-sociale dei secoli X e IX a.C.): un gruppo di persone riunite intorno a un focolare, che mangiano e bevono insieme e intanto ascoltano storie.

Quindi che cosa fa la differenza tra noi e loro? Qualcuno dirà: La Musa! 'Mbe' certo... Un altro proporrà: La musica! Sì e no, basti pensare a @themadicine o a @suryavoice o a @thegodtrader. I più puntigliosi noteranno che tra noi prevale la lingua scritta, anche se basta citare @zaragast o @mirko per verificare che non è sempre vero.
Quello che davvero fa la differenza, cari tutti, è...
IL CIBO

Dunque occorre rimediare in qualche modo e per questo propongo un incontro tra tutti gli aedi che vorranno partecipare al
banchetto comune
La data potrebbe essere il primo sabato dopo Pasqua, cioè il
7 aprile 2018
E, poiché si tratta del primo, suggerisco di scegliere la nostra bellissima e dolceamara Urbe che, oltre ad essere la mia città e quella di molti di noi, è anche saggiamente posta al centro dello Stivale. Del resto, non è per caso che si dice